Condominio: copertura di un lastrico solare ad uso esclusivo

Parere legale sulla necessità di un’autorizzazione assembleare per la copertura di un lastrico solare ad uso esclusivo

In risposta alla richiesta di un parere legale circa la necessità di un’autorizzazione dell’Assemblea al condomino che vuole procedere con i lavori di copertura di un lastrico solare ad uso esclusivo, mi pregio osservare e considerare quanto segue.

Il Codice civile, nell’art. 1122, esprime categoricamente che ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua proprietà, non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni dell’edificio. Conseguentemente, per la legittimità dell’esecuzione di una innovazione sulla parte comune insistente sulla proprietà esclusiva, non è richiesta alcuna autorizzazione dell’Assemblea dei condomini. Infatti, la norma di cui all’art. 1122 c.c., così come espressa, consente di prescindere dal consenso della maggioranza, solo però quando, obiettivamente, non può esistere danno alla cosa comune. Infatti l’art. 1102 c.c. specifica che l’innovazione è vietata quando alteri la destinazione e impedisca agli altri partecipanti al Condominio di fare parimenti uso della cosa comune secondo il loro diritto. Lo stesso articolo aggiunge che ogni possibile opera, permessa ed eseguita sulla cosa comune nell’ambito della proprietà esclusiva, dovrà essere sostenuta a completo carico del condomino che è interessato alla innovazione.
Il presupposto imprescindibile è quindi che tali opere non arrechino danno alle parti comuni, non alterino le destinazioni di queste e non impediscano l’uguale godimento degli altri condomini (Trib. Salerno, 7 ottobre 1960).
Tuttavia la Suprema Corte ha statuito che l’esercizio del diritto del singolo sulla parti di sua esclusiva proprietà non può ledere il godimento dei diritti degli altri sulle cose comuni. Infatti, il concetto di danno, cui l’art. 1122 c.c. fa riferimento, non va limitato esclusivamente al danno materiale, ma va esteso anche al danno conseguente alle opere che elidono o riducono apprezzabilmente le utilità ritraibili dalla cosa comune, anche se di ordine edonistico od estetico (Cass. civ., sez. 2, 27/04/1989, n. 1947: nel caso specifico un sopralzo dei parapetti comprometteva l’aspetto estetico del fabbricato). Il danno che tali opere non devono provocare non è solo quello alle parti comuni, ma anche – e a maggior ragione – quello che viene arrecato alle parti di un’unità immobiliare di proprietà esclusiva di un altro condomino (Cass. civ., sez. 2, 11/02/1985, n. 1132: nel caso specifico una veranda diminuiva il godimento di aria e luce al proprietario del piano contiguo).

Norma di carattere generale è quella di cui all’art. 1120 c.c., che vieta espressamente tutte le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino.
Secondo la Cassazione, per decoro architettonico del fabbricato, ai fini della tutela prevista dall'art. 1120 c.c., deve intendersi l'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture che ne costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti dell'edificio, nonché all'edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata, armonica, fisionomia, senza che occorra che si tratti di edificio di particolare pregio artistico. L'indagine volta a stabilire se, in concreto, un'innovazione determini o meno alterazione del decoro architettonico, è demandata al giudice del merito, il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimità, se congruamente motivato (Cass. civ., 08/06/95, n. 6496).
La Suprema Corte è però anche arrivata ad affermare che la facciata e il relativo decoro architettonico di un edificio costituiscono un modo di essere dell'immobile e così un elemento del modo di godimento da parte del suo possessore; e che di conseguenza la modifica della facciata, comportando una interferenza nel godimento medesimo, può integrare una indebita turbativa suscettibile di tutela possessoria (Cass. civ., 22/06/95, n. 7069).

Per quanto riguarda in particolare la realizzazione di verande, non esiste una specifica legge che le disciplina. Queste tipologie di interventi sono generalmente regolate dalla normativa locale e possono differenziarsi a seconda del modo in cui vengono eseguite e dall’uso che ne viene fatto. Infatti, se la chiusura del lastrico (o anche di una terrazza o di un balcone) avviene per proteggersi dagli agenti atmosferici e non se ne modifichi l’uso, l’indirizzo della Giurisprudenza è quello che si tratti di opera che non da luogo ad aumento della volumetria e che rientra tra quelle definite di restauro-risanamento conservativo. Se la chiusura del lastrico si accompagna, invece, alla demolizione del muro interno che dà sul lastrico stesso, ampliandone così il locale, allora si ha un aumento di volumetria e in questa ipotesi occorre dimostrare di averne la disponibilità.
In ogni caso occorre ancora sottolineare che il lastrico, anche se è di proprietà esclusiva, se modificato, può incidere sull’aspetto estetico della facciata e, quindi, in questo caso, necessita dell’assenso del Condominio. Inoltre, se la chiusura del lastrico non interessa tutta la facciata, difficilmente l’amministrazione comunale lo consentirà e si troveranno ostacoli anche da parte delle ASL, in quanto questa opera può precludere l’aeroilluminazione dei locali retrostanti.

Infine, nel caso di mutamento di destinazione d’uso, con o senza lavori, ci può essere opposizione da parte dei proprietari delle unità immobiliari comprese nello stesso edificio, qualora il Regolamento condominiale ponga divieti al riguardo. In tali ipotesi, nonostante l’autorizzazione o la concessione comunale, i condomini singolarmente o il Condominio possono richiedere l’esatta osservanza delle prescrizioni del Regolamento, mediante la rimozioni della destinazione vietata, oltre al risarcimento del danno. I condomini, però, hanno diritto ad ottenere solamente l’inibizione del diverso uso e non già l’eliminazione delle opere interne eseguite dal proprietario dell’appartamento che abbia variato la destinazione (Cass., sez. 2, 25/01/1985, n. 17). D’altra parte, qualora un appartamento in fabbricato condominiale venga destinato ad uso diverso da quello consentito dalla concessione edilizia, deve negarsi che il Condominio possa allegare tale violazione a sostegno di una pretesa di ripristino dell’originaria destinazione, ovvero di un risarcimento del danno, qualora tale variazione non violi il Regolamento condominiale, in quanto le prescrizioni contenute in materia di concessione operano esclusivamente nel rapporto con il Comune e non costituiscono diritti in favore dei terzi (Cass., sez. 2, 07/08/1989, n. 3625).

In sede di considerazioni finali, si ritiene quindi che vi sia l’opportunità e sinanco la necessità di una autorizzazione dell’Assemblea di Condominio per la copertura di un lastrico solare ad uso esclusivo, quando l’opera incida sull’aspetto estetico della facciata, quando arrechi danno alle parti comuni, alteri le destinazioni di queste o impedisca l’uguale godimento degli altri condomini.

Allo stato di quanto sopra dedotto ed esposto, si ritiene pertanto che, nel caso di specie, l’opera di copertura di un lastrico solare ad uso esclusivo necessiti di una preventiva autorizzazione dell’Assemblea dei condomini.

Roma, 19/12/2003.
 

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